Centralità "iniziale" di Morlotti nel rapporto Morlotti/Biamonti
Vorrei suggerire alcune riflessioni
sulla centralità iniziale di Morlotti nel rapporto tra il pittore e Biamonti.
Iniziale, diciamo negli anni 60, quando Morlotti, di 20 anni più anziano e già affermato, è stato
un tramite con la cultura figurativa e letteraria.
Morlotti condivideva, anzi impersonava la forza lacerante di Van Gogh (Testori), la insistenza costruttiva di Cézanne,
la tragica urgenza di De Staël a cancellare i contorni, situazioni peraltro condivise da Biamonti.
Morlotti propone un importante antecedente, qual è Francesco Arcangeli, critico e storico dellArte
geniale (Flavio Caroli) ma anche poeta e alto prosatore, prosa che non si nega mai alla poesia.
Arcangeli sta a significare un particolare momento della cultura che fa riferimento, oltre a Giorgio Morandi, a Roberto
Longhi, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani. Tale situazione nodale è già stata suggerita da Marco Grassano.
Sarebbe determinante un esame comparato che ci consenta di verificare una eventuale influenza arcangeliana in Biamonti.
Dopo Morlotti/Arcangeli, Morlotti/Pavese. Arcangeli, anni 60/70, affida come tesi di laurea a Flavio Caroli, allievo prediletto,
lo studio del rapporto Morlotti/Pavese.
Caroli conduce unanalisi serrata, raffrontando testi pavesiani e dipinti morlottiani con esiti brillanti.
Relatore Arcangeli, laurea a pieni voti per Caroli. Morlotti dona al neo-laureato un bellissimo importante dipinto, unAdda
a Imbersago con lavandaie. Morlotti recepiva la poetica di Pavese, del suo mondo agreste/collinare, della sua intrinseca
forza ctonia.
Durante una gita con Gian Franco Fasce a Barbaresco, nelle Langhe, di fronte alla collina, alla vigna, al canneto, intesi
come diaframma (quasi come la siepe leopardiana), Morlotti sentiva il mistero delloltre, dellal
di là, lo sentiva con lo stesso spirito che infondeva nei suoi canneti, nei suoi boschi di ulivi, nelle sue rocce
(intese, queste, come lo scheletro, lossame del mondo).
Morlotti tramite nei confronti di Pavese? Qui si pone il problema seducente delle connessioni tra Biamonti e Pavese. Tra
Biamonti ed il mondo di Langa in genere, Fenoglio compreso. Pavese più poeta, Fenoglio più narratore. Del
resto Pavese pensava con ossessione al mare. Per Pavese il mare era la porta sulluniverso, la strada per linfinito.
Con Fenoglio? Stessa icasticità di scrittura, più epico Fenoglio, più lirico Biamonti.
Qui sarebbe prezioso lintervento di Nico Orengo.
Vorrei porre un altro quesito sulle ipotizzabili affinità con Piero Ravasenga, lautore di Magnolie per Siglinda
(Il Milione), Le nevi di una volta (Garzanti, con lintervento di Cesare Garboli). Gioanola e Contorbia, in merito,
potrebbero darci un aiuto fondamentale.
Il tessuto padano e monferrino, pianura e collina, reso con luminosità solare da Ravasenga le cascine disperse
nella campagna che ridono al sole è un microcosmo che può, sia pure in condizioni geologiche
diverse, specchiare il microcosmo biamontiano di Liguria.
Il rapporto con la letteratura narrativa del Piemonte meridionale (quel Piemonte che da sempre aspira al mare) è
meno diretto, perciò meno facile di quello consanguineo con i liguri (Sbarbaro, Montale, Giovanni Boine,
Mario Novaro, Angelo Barile), però altrettanto avvincente, da essere tentato.
Con il proseguire del tempo, con il consolidarsi del sodalizio, la centralità iniziale di Morlotti cede il posto
ad un rapporto paritetico.
Biamonti evolve verso risultati palesi e concreti di scrittura, prima come sensibile critico darte e successivamente
come narratore in dimensione di poesia.
È legittimo dedurre che Morlotti sia stato, a questo punto, influenzato dalla visione iconica di Biamonti,
diramata, cristallina, sospesa.
Il taglio paesaggistico di Morlotti diventa più focale, nitido, precisato; la luce si fa cosmica, alta, solidificante;
limmagine, meno organica, più mineralizzata; la materia, smagrita e sonora.
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