Francesco Biamonti e lazzurro severo del mare
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Nicolas de Staël, Ciel et Mer (1954)
Immagine sulla copertina della traduzione francese
di Attesa sul mare [vai...]
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Durante
il riordino e la catalogazione dellarchivio e della biblioteca di Francesco Biamonti condotta, sino allottobre
scorso, assieme a Paola Mallone per conto dellUniversità di Genova e del Comune di San Biagio della Cima, ho
avuto il privilegio, grazie al consenso dei familiari dello scrittore, di entrare nel laboratorio artigiano del prosatore
ponentino. Una fitta foresta di voci, di memorie e di tradizioni in cui cogliere la mano ferma e lo sguardo imperturbabile
di chi ha scavato nel proprio mondo con ascetismo medioevale.
E di recente, quasi a ricordo di quel periodo, ho rivisto un filmato su Francesco Biamonti ripreso in riva al mare, tra
scogli e onde spumeggianti, azzurre, come nello sfondo di un quadro. Sorride Biamonti, e non per accontentare chi gli è
intorno, ma per una felicità quieta che, per un attimo, ha avuto il sopravvento nella lotta quotidiana con linquietudine.
Sul volto, i segni di quel conflitto, del lavoro svolto, del tempo; negli occhi, penetranti in un mondo che mette quasi
a disagio, unantica malinconia. "Il mare è un messaggero vestito di metallo, che avanza sui gradini dazzurro.
E lazzurro tende a dare loblio".
Forse, a provocare quella contentezza era il sogno di una breve partenza. Forse il formicolio di scaglie luminose suggeriva
che loblio era sciolto. Il tema del mare costituisce per Biamonti una lunga e tenace ossessione, ma non certo per
un facile compiacimento che si presti a virtuosismi scontati. Nel mare egli ha cercato la radice prima dellesistere,
un risalire allora zero, quando luomo non conosce i limiti angosciosi tra sé e il mondo sentito come
totale: "Luomo è lessere delle lontananze. Non ama stare solo dentro la tana: ha bisogno di sperimentare
laltrove. E il mare rappresenta questo altrove, lapertura sullinfinito".
La proiezione di sé come su un muro lontano avvalora la virile inesorabilità del paesaggio e dellatmosfera
che il cielo mutevole ferma e sistema, come nei quadri mediterranei dellamico Morlotti. Il cielo è di un azzurro
solido, striato di vene rosa: lora è afosa, da meriggio accaldato e si coglie il respiro del mare. Il rifrangersi
metafisico e metaforico dellonda, sempre uguale a se stessa eppure sempre diversa, riporta la mente alla terraferma,
alla quotidianità che, nella sua iterazione, diventa conforto, ente sacro. E il marmoreo letto di pace di De
Staël che attira a sé e placa il delirio. Biamonti, per sua stessa ammissione, ha pensato al golfo di Monterosso
di Montale, a quello di Sète di Valéry e alle rive algerine di Camus.
Tre voci che hanno affrontato il desiderio delleterno in modo laico, senza soccorsi divini perché il mare
è libertà, purificazione e costringe luomo ad un severo esame di coscienza: "In mare ci si interroga,
ma si tace" e "il navigante ricompone i conflitti che a terra dividevano il bene dal male". Ma a poco a poco
la mente si muove nella luce di unaltra distesa marina, in unimmagine di oblio e di morte: annichilisce, si
sente consunta. E colui che guarda il mare diventa simile alla sua ombra. Sgomento, come la nave che avanza verso uno scenario
di disperazione, si proietta nel crepuscolo, in una solitudine senza compagni.
Fra la casa di Francesco Biamonti e il mare cè una rupe dallaspetto risentito che ne impedisce la vista.
La sensazione è quella di un puro non essere e della montaliana condanna alla sete. Finché il vento, portando
con sé odore salino, riattiva la tentazione del vivere
da "Provincia di Imperia", settembre 2004
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